Riflessioni intorno al rapporto tra musica, emozioni, sentimenti e parole.
Intervista a DAVIDE MONETA
Che rapporto c’è tra la Musica e la nostra struttura emotiva?
L’essere umano ha sviluppato numerosi meccanismi per poter <<ricevere impressioni da stimoli esterni e interni>> (Treccani), ciò che comunemente chiamiamo sensi. Per far sì che questi processi sensoriali possano innescarsi sono necessarie alcune condizioni specifiche. Nel caso della capacità di vedere – la vista è essenziale la luce. Senza luce infatti, risulta impossibile vedere e quindi ricevere degli stimoli visivi. La vista è forse, generalmente, il senso a cui noi facciamo più affidamento proprio per la sua immediatezza comunicativa.
Cosa accade in assenza di luce? Siamo costretti a ricorrere all’uso degli altri sensi, meno sviluppati ma forse più istintivi. Tra essi l’udito, con cui percepiamo lo spazio sonoro e fisico circostanti con grande precisione. In quanto senso maggiormente originario, persino nella sua forma meno addomesticata, l’udito agisce in profondità, andando a toccare le corde dell’anima e smuovendo i nostri istinti primordiali. La Musica, in quanto organizzazione più o meno volontaria di suoni, è eterea, impalpabile e l’impatto emotivo nel profondo risulta essere più forte. In un esperimento condotto da Nicholas Negroponte al Medialab sono stati presentati due filmati identici, diversi solamente nell’audio: da una parte esso veniva trasmesso mediante un sistema di bassa qualità, dall’altra attraverso una diffusione audio ad alta fedeltà. La maggior parte dei partecipanti ha affermato che la qualità video del secondo filmato fosse migliore. Ciò dimostra che l’influenza della percezione uditiva sul nostro senso più sviluppato è profondamente mediata dall’impatto che i suoni, e dunque la Musica, hanno sul nostro comparto emotivo. L’atto di ascoltare è una situazione sinestesica, e la Musica risulta essenziale per la nostra struttura emotiva in quanto effettivamente in grado di parlare alla nostra anima.Possiamo educarci al sentire attraverso la Musica? Ossia, può la musica essere strumento educativo?
Nel 1952 John Cage, compositore statunitense, ha eseguito per la prima volta una delle sue opere musicali più celebri: 4’33’’. Si tratta di una composizione per pianoforte in tre movimenti che prevede 4 minuti e 33 secondi di silenzio da parte dell’esecutore. Cage intendeva così mettere in discussione il concetto stesso di Musica: si definisce Musica solamente quella forma di organizzazione volontaria di suoni o tutto ciò che è suono può essere Musica? Un bambino inizia a sentire quando ancora è nella pancia della mamma. I suoni del corpo e quelli provenienti dal mondo esterno sono i primi che percepisce. Il principale, il battito del cuore, viene sentito in media 60 volte al minuto. Non sorprende, allora, che la maggior parte delle composizioni occidentali più celebri abbia come indicazione metronomica 60bpm (battiti per minuto) o 120bpm. Si potrebbe dire che in parte la Musica è un derivato dei suoni originari del mondo – i suoni della natura, i suoni corporei, i suoni dell’universo – e che da essi si sviluppa organizzandoli secondo criteri teorici prestabiliti. La Musica funziona da “strumento ponte” per collegare la parte razionale dell’uomo con quella emozionale. Sentire perde così la sua accezione di atto passivo e diventa percezione attenta della propria interiorità e del mondo esterno.
Può a tuo avviso la musica contribuire al benessere della persona? Cosa pensi della musicoterapia?
La musica per sua natura presenta due componenti complementari. La prima riguardante l’ambito fisico oggetto di studio dell’acustica, la seconda inerente all’ambito psicologico.
L’organo percettivo sono le orecchie ma in realtà le vibrazioni vengono avvertite da tutto il corpo. Basti pensare alle sensazioni fisiche – pulsazioni a livello dello stomaco, il risuonare di testa e torace – sperimentate durante un concerto di un’orchestra sinfonica o di un gruppo rock. Tutto ciò è espressione somatica del grado di benessere percepito in quel dato momento. Dal punto di vista della componente psicologica, invece, una valutazione assoluta è praticamente impossibile. L’effetto che un determinato suono provoca in ognuno di noi è determinato da numerosissimi fattori diversi – esperienze pregresse, livello culturale, tipologia psicologica, indole. Tutti noi abbiamo un suono o una canzone che, senza un motivo apparente, ci tocca nel profondo. In modo speculare, la scelta della propria “colonna sonora” è determinato dallo stato emotivo del momento. Fare esperienza di tutto ciò dimostra che la musica può effettivamente contribuire al nostro benessere, così come accompagnare uno stato di disagio.Come posso arrivare a riconoscere in una data musica, pur non piacendomi, la bellezza e il valore che ha in sé?
Sicuramente valutare in modo oggettivo un brano musicale risulta più difficile rispetto a quanto si possa fare nelle arti visive, e questo a causa della natura fluida della musica stessa. Ma vi sono comunque dei parametri univoci con i quali gli esperti analizzano e stabiliscono il valore di una composizione. Per il neofita invece, la complessità del linguaggio sonoro spesso risiede nella mancanza di immediatezza dello stesso. Se nell’arti visive molti sono in grado di apprezzare l’effettiva bellezza di un’ opera, nella musica ciò è più difficile. La valutazione condotta da chi non possiede conoscenze musicali si basa unicamente sull’impatto emotivo del brano ascoltato, è una valutazione puramente soggettiva. Non è però impossibile arrivare a riconoscere il valore reale di una data musica. Educare all’ascolto è fondamentale per chiunque auspichi alla diffusione della cultura musicale. È necessario fornire gli strumenti teorici e analitici che permettano a chiunque di avvicinarsi alla comprensione di un brano. Se soltanto le cose a cui diamo un senso ci appassionano, bisogna fornire alle persone narrazioni che permettano loro di superare la barriera del tedio e inoltrarsi alla scoperta di ciò che immediato non è.
Che rapporto si instaura tra le parole e la musica?
Il rapporto tra musica e parola risale ai tempi più antichi ed è oggetto di dibattito continuo: chi sostiene la superiorità della musica, chi afferma il predominio della parola e chi invece, trova l’equilibrio nel connubio di questi due elementi. In ogni caso questo dimostra l’incredibile importanza dell’argomento. Potremmo davvero riempire pagine su pagine sviscerando ogni particolare dello stesso ma in questo caso mi limito a ricordare alcuni esempi rappresentativi: Sant’ Agostino con la celebra frase “Chi canta prega due volte”; il Melodramma con la figura di Claudio Monteverdi e la sua pratica di movere gli “affetti”; l’opera lirica; i Lieder. La musica è quindi generalmente usata come elemento rafforzativo del messaggio espresso dalla parola proprio per la sua componente emotiva. Se ci pensiamo bene il linguaggio stesso viene veicolato attraverso il suono, le parole in sé quando vengono pronunciate, ma anche quando vengono lette, “risuonano” e possiedono un proprio suono. Dunque, la musica non fa altro che amplificare questa melodia implicita. Contemporaneamente anche la parola può fungere da stimolo per realizzare composizioni di natura puramente strumentale. Tra gli esempi più interessanti, le Greeting Cards op. 170 di Castelnuovo Tedesco, una serie di brevi brani musicali dedicati a persone a lui care. Il compositore, avendo precedentemente assegnato ad ogni lettera dell’alfabeto una nota musicale, realizzava e sviluppava una melodia a partire dalle lettere del nome del destinatario. Con questa modalità Castelnuovo-Tedesco partiva dalla creazione di una regola astratta, lontana dal significato delle parole, per arrivare a realizzare composizioni personalizzate e piene di significato.
DAVIDE MONETA
Diplomato in chitarra classica ai Conservatori: “G.Verdi” di Milano, “Vecchi-Toninelli” di Modena
Compositore e coautore dei CD: OUVERTURE; BACH
Chitarra elettrica e Songwriter per la Rock Band VEDHA
Sound Designer per KIOO STUDIO
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