In queste due liriche tratte dal testo Tacete o Maschi, secondo l’uso antico, due poetesse si rispondo in versi: Mariangela Gualtieri risponde con una Lettera a Leonora della Genga, inedita scrittrice marchigiana del ‘300.
Un dialogo esclusivo e intimo tra due poetesse di epoche e scritture diverse circa una questione ancora fondamentale: l’affermazione femminile.
Le poetesse marchigiane del 300 possono essere considerate la prima generazione di scrittrici della letteratura italiana. Nelle loro liriche rivendicano il diritto di una piena legittimità in letteratura, non come icone femminili ma come vere e proprie autrici. Ignorate, cancellate, spesso delegittimate, le autrici donne sono state nel corso dei secoli vittime di un forte disequilibrio nella rappresentazione e nello spazio assegnato loro nella storia della letteratura.
Leonora della Genga con il suo sonetto risponde ironicamente e polemicamente alla misoginia della sua epoca mostrando con quale autorevolezza è in grado di esprimersi l’io lirico femminile. Mariangela Gualtieri, con le parole espresse nella sua Lettera, instaura con Leonora un rapporto di sorellanza e amicizia che travalica il tempo grazie allo scambio e al dialogo letterario, proseguendo così la genealogia femminile di scrittrici.
LEONORA DELLA GENGA (poetessa marchigiana del ‘300)
Tacete, o maschi, a dir, che la Natura
A far il maschio solamente intenda,
e per formar la femmina non prenda,
se non contra sua voglia alcuna cura.
Qual’invidia per tal, qual nube oscura
Fa, che la mente vostra non comprenda,
com’ella in farle ogni sua forza spenda,
onde la gloria lor la vostra oscura?
Sanno le donne maneggiar le spade,
sanno regger gl’Imperi, e sanno ancora
trovar il cammin dritto in Elicona.
In ogni cosa il valor vostro cade,
uomini, appresso loro. Uomo non fora
Mai per torne di man pregio, o corona.
MARIANGELA GUALTIERI
Cara Leonora,
ecco, ti scrivo 600 anni dopo.
Ti sento vicina.
Il grande sacrificio dell’energia femminile
di questo femminile dell’umano
non è terminato e nella più parte del pianeta
procede – come e peggio di allora.
Questo sacrificio lungo, non ben compreso ancora,
ha sbilanciato la specie. In più parti
i peggiori sono al comando. Non c’è concordanza,
armonia, grazia, gentilezza non c’è,
non c’è intesa con l’altro da sé, l’aver cura,
comprensione, pazienza, compassione,
accoglienza non c’è, tutte virtù mancanti.
E intorno natura a volte rispecchia e rilancia la stessa
mancanza, come specchio di noi, con inimicizia
di acque e venti sgarbatissimi e sommovimenti frananti.
Leonora, non ti parlo di uomini e donne.
Ti parlo di energia femminile, di quella forza
che genera, che partorisce, non solo figli
ma opere, pensieri, avventure, che protegge,
che cura, che è in dialogo con
tutto il resto, che sa che tutto il resto
ci tiene in vita, nella vita, che sa che
Il canto e la danza sono le lingue della terra.
Ti parlo, Leonora, di quella intelligenza d’amore
che adesso mi muove il respiro
mentre qui, accucciata nella campagna
vengo vicina a te che non so dove sei
cosa e come eri allora e come sei ora.
E poiché i miei maestri dicono che nell’universo
c’è solo vita niente altro che vita, cavalco con te
il misterioso ponte delle apparenze
e ti tocco, ti chiamo. Perché la tua energia di mano
scriva insieme alla mia mano questo modesto poema.
Adesso sappiamo di non essere noi
la specie migliore. Sappiamo
che gli organi sotto il petto, cuore reni polmone
fegato e il resto, sono forme antiquate e altre
creature terrestri sono meglio attrezzate di noi.
Impareggiabili forme
più complesse e resistenti dell’umano
piene di intelligente ardore
con vite secolari eppure nuove
concertano fra loro le potenze
le forme le resistenze l’intreccio
la concordanza, l’armonica esistenza,
il passaggio delle sostanze,
nell’unico organismo respirante che chiamiamo
terra, mondo, pianeta orbitante.
Vita si chiama. è una ed è concertata.
Nessuno da solo può fare il suo canto.
È voce d’insieme, vuole tutte le forme e sostanze
e attecchisce nel buio profondo
del fondo e anche sulle seccaglie più ardite.
Nell’umido delle ferite, nell’arido
di sabbie ventose. si fa piccolissima
o enorme come i grandi sistemi
che la tengono stretta vegetando
insieme per mille e più anni.
Ed è così rara. E? raro in questo universo
che sta raffreddando, trovare
un piccolo tiepido nido rotante.
Intorno c’è gelo.
E nella grazia gioiosa di nido
è chiara, ovunque evidente,
la forza dell’energia femminile
spingente, accudente –
la germogliante forza. Io la servo –
mi faccio accogliente di lei
che sempre accoglie. la canto.
Come te, Leonora dormiente o forse
volante, circumnavigante, stellare
sorella poeta – cometa.
Si e proprio cosi. Non ci siamo mosse di un passo