“Volevo raccontare la storia di una donna ma mi rendo conto che la tua è la storia di chi lottava per avere il diritto di essere una donna, contro l’inesistenza che la tua vita t’imponeva.”
“Era sicura di meritarsi un’altra vita, una vita che stava da qualche parte, astrattamente, in un mondo virtuale, che le sarebbe bastato un niente a sfiorarla, mentre nel mondo reale la sua era quello che era solo per caso.”[…]
“È strano, per tutti e due la vita è iniziata da perdenti nella Storia, lei la donna e io Il figlio dissidente, mostruoso. Ma come in un’equazione matematica, un rovesciamento simmetrico e matematico delle cose, i perdenti di quel mondo condiviso sono diventati i vincenti, e i vincenti, i perdenti.”[…]
“Io credo che se non ci fossimo avvicinati in questi ultimi anni, se non ci fosse stato questo avvicinamento reso possibile da una distanza, non mi sarei ricordato questa storia. se adesso posso guardare al passato con affetto, anzi, far rinascere dal caos del passato frammenti di tenerezza, è perché la nostra relazione è cambiata. il nostro riavvicinamento non ha cambiato solo il suo futuro, ha trasformato anche il nostro passato.”[…]
“E venuta a vivere a Parigi. La prima volta che l’ho raggiunta nella sua nuova via, non mi capacitavo della persona che era diventata, che avevo davanti. Non aveva più niente di quella donna che era stata mia madre. Aveva il viso truccato, i capelli tinti. Portava i gioielli. Erano bastate poche settimane di distacco dal paese e da tutti gli aspetti della sua vita di prima per cambiare dalla testa ai piedi. Ha colto la sorpresa nei miei occhi e ha detto – come sempre, retorica di sé stessa: “Hai visto, non sono più la stessa! Sono proprio parigina adesso.” Ho sorriso, “Sì, è vero. E’ vero, sei la Regina di Parigi”. […]
“E proprio a Parigi ha iniziato a pronunciare altre frasi, specchio di quella nuova esistenza. Non so se sentisse fino in fondo la rivoluzione che solo la possibilità di pronunciare quelle frasi costitutiva.[…]
“Era felice di essere una donna che compra vestiti, di fare come diceva lei, quello che fanno tutte le altre donne, truccarsi, prendersi cura di sé, sistemarsi i capelli. Per certe persone l’identità di donna è sicuramente opprimente; per lei diventare donna era una conquista. “[…]
“Che significa cambiare? Se prendo quello che so di lei oggi ci sono decine di immagini e di fatti che contraddicono la storia lineare di una metamorfosi felice. Non è mai uscita dalla Francia, continua a comprare il cibo nei supermercati per poveri alla periferia di Parigi, non guadagna e quindi in parte dipende dall’uomo con cui vive, non riesce a legare con le persone del quartiere, le borghesi della sua via la guardano con condiscendenza. […] Un cambiamento è sempre un cambiamento se è così circoscritto dalla violenza di classe? Eppure, è felice. Me lo ripete. Non so più cosa e come pensare. Forse il punto non è che’ significa cambiare, ma che’ significa essere felice. Non la trovo la risposta, ma so che la sua esistenza oggi, quello che è diventata, mi mette davanti alla questione.” […]
“Ha cambiato cognome come me… Ha scelto un cognome composto da quello di sua madre. Da ragazza e da quello di suo padre adottivo. Ha comprato romanzi d’amore nei supermercati. Non voleva più guardare la televisione, lei che la guardava sempre quando ero piccolo. “La televisione veramente tempo perso.” Per la prima volta ha coniugato la sua vita al futuro.”[…]
“Da bambino esprimevo sogni e desideri troppo grandi, ambizioni anormali per un bambino della mia età…Giuravo, che …le avrei comprato un castello tutto suo. Avrei voluto che questa storia fondasse, in un certo senso, la dimora in cui potesse rifugiarsi.”
Da “Lotte e metamorfosi di una donna” di Edouard Louis
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