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MA IL MONDO, NON ERA DI TUTTI? a cura di Paolo Nori

04/07/2022

…la vita è questione di grandezza e di granularità…

 

Con la vita, involontariamente si usano ordini di grandezza. Quando conosci qualcuno che sta molto peggio di te, quando vedi alla TV una bomba che scoppia dall’altra parte del mondo, tutto ciò che hai passato non ha rilievo nella scala dei dolori umani e ti dici, je suis, per il momento, fortunato. Non importa davvero quanto hai sofferto, sarai sempre comunque più fortunato di qualcun altro, e per quanto tu abbia il tuo carattere, sentirai comunque il sottile piacere o la piccola colpa di averla scampata.

Anni fa ho insegnato italiano agli stranieri… Volevo parlare di loro. È un loro indefinito perché non so niente di loro, li ho conosciuti in un’aula dove appunto insegnavo italiano. Noi li si chiamava ‘migranti’. Alcuni di loro non sapevano scrivere, il problema era dunque usare la penna, la matita, fare dei segni e dare a quei segni un senso. Ma quello era in fondo un problema secondario, la prima cosa era pronunciarla la lingua della salvezza…

Il mio compito non era sapere che cosa avrebbero fatto dopo, perché non avrei mai saputo niente di loro negli anni successivi, il mio compito era quello di insegnare loro, esattamente in quel momento e a livelli diversi, nella maniera più semplice ed economica, come sopravvivere linguisticamente qui. Una lingua della sopravvivenza.

Di loro sapevo solo minuscole cose, che deducevo dai loro ritardi, (la signora a cui faceva la badante aveva un problema), dalle loro mani (costruiva case dall’alba e alla sera veniva lezione), dalla loro gratitudine (strette di mano, abbracci, sorrisi, le avide domande per saperne di più, per vedere se quell’esercizio è corretto, ma la gratitudine doveva essere la mia), dai loro occhi (una donna che portava con sé il bambino, non sapendo a chi affidarlo durante le lezioni con una mano scriveva appunti con l’altra cullava il bambino. Il bambino avrà avuto 4 5 mesi. Non sapeva, non poteva sapere né capire, Piangeva il pianto universale e lei si scusava come sia noi il pianto. Turbasse così parlavo con i vagiti di sottofondo e poi coi pianti sorridevo guardando il bambino, dicevo, poveretto, ha ragione anche a lui. Quel pianto lo capivamo tutti, era il pianto della sopravvivenza, certo capivamo solo che c’era qualcosa, ma non si sapeva cosa: saranno i dentini? Sarà che parliamo ad alta voce? Sarà la fame? e noi e la madre, lei con più cognizione, facevamo ipotesi, ognuno per sé).

[…] La vita è questione di ordini di grandezza e di granularità. Decidi se guardare tutto nell’insieme o scendere nel particolare se considerare certi aspetti o altri. Tendenzialmente, se si va dal grande al piccolo ci si perde per uscirne. Si consiglia di prendere i problemi in piccoli blocchi per risalire.

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