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“Frida Kahlo nella pratica della biblioterapia integrata” di Neve Mazzoleni

26/08/2022

Proust scriveva: “Non esistono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuti tanto pienamente come quelli che abbiamo creduto di aver trascorso senza vivere, in compagnia d’un libro prediletto”.

 

In attesa del reading di biblioterapia integrata CAMILLE CLAUDEL: primo operaio della scultura interiore il 17 settembre, entro la seconda edizione del Festival della biblioterapia a Laveno-Mombello “L’Umano raccontare”, condividiamo alcune riflessioni sull’appuntamento scorso del 2021 che ha visto l’artista Frida Kahlo come protagonista.

Neve Mazzoleni, storica dell’arte e filosofa, inquadra le motivazioni del reading che si avvale della forza delle parole, integrate alle arti visive che lavorano sul simbolico, insieme alla musica, in un approccio sinestetico, molto funzionale alla pratica della biblioterapia.

 

Il lavoro su Frida Kahlo

Abbiamo scelto l’artista Frida Kahlo (Città del Messico 1907-1954) in prima istanza per la sua riconoscibilità: è un’icona pop, come l’attrice Marylin Monroe, che campeggia su poster di arredo, in campagne pubblicitarie, come soggetto decorativo sugli abiti.  Ci si può permettere di non conoscere la sua poetica creativa, di non avere nozioni di arte contemporanea, pur di fronte a una personalità conosciuta da molti.

In qualche modo questa scelta è stata il nostro “cavallo di Troia” per avvicinare il pubblico a qualcuno di noto.

Frida, però, aldilà della sua immagine esotica, colorata, eccentrica, ha vissuto una vita molto densa, intessuta di relazioni importanti con personalità della storia e della cultura internazionali della prima metà del Novecento. Soprattutto è stata una pittrice che ha innovato soluzioni estetiche nelle arti visive, rielaborandole con un personale approccio che ha attinto proprio dalla sua biografia. Questo il secondo elemento che ci ha convinto del percorrere questa strada, sicuramente in forte assonanza con la pratica della biblioterapia. Perché fortunatamente, Frida ha scritto diari e carteggi che documentano la sua sfera privata con la stessa intensità con la quale ha vissuto.

È stata una donna singolare ed esemplare perché è riuscita a rappresentare visivamente diverse dimensioni archetipe dell’essere umano e della donna: la politica, l’amore, il contrasto di genere, la femminilità, la maternità, la malattia, l’adulterio.

La sua opera artistica, pur riferendosi alla sua biografia, è riuscita a toccare e indagare tematiche esistenziali universali, che parlano ancora oggi dopo oltre cento anni dalla sua nascita.

Frida coinvolge perché ha sicuramente vissuto a tinte accese, senza farsene travolgere del tutto: anzi, ha indentificato con precisione con precisione le emozioni, le riflessioni, i tormenti e le gioie che ci accompagnano nella nostra esistenza. Fu la prima che ritrasse in modo esplicito il tema dell’aborto, mostrando esattamente di cosa si trattasse, con feto e sangue resi palesi. Ha rappresentato il femminicidio estremamente diffuso in Messico, accusando la cultura machista che lei stessa ha patito nel matrimonio con l’artista Diego Rivera, il quale l’ha ripetutamente tradita.

Ha descritto in dettaglio, con attenzione quasi scientifica, il dolore procurato dal deperimento del suo corpo dovuto all’incidente che la colpì nel 1925, fratturandole la schiena e il bacino.

Attraverso l’oggettivazione di queste emozioni sulla tela, Frida ha scacciato i demoni, ha contenuto la deriva psichica che il dolore le provocava, ha guardato in faccia il male, la depressione.

Non si tratta di autoreferenzialità, ma di un coraggioso atto di riscatto, un ostinato attaccamento alla vita. Nonostante la sua vita devastata, lei ha trovato risorse, ha riscattato sé stessa, ha trovato soluzioni, ha mantenuto l’attaccamento esistenziale.

La sua parabola esistenziale, così ben documentata da opere d’arte visive e scritti come il diario e i carteggi, fornisce un materiale ricco per la prospettiva della biblioterapia, accentuando la componente catartica con un approccio sinestetico, ovvero che fa leva da più suggestioni sensoriali per stimolare la sfera emotiva.

Perché leggere le vite degli altri?

La forza di ogni esperienza umana, la testimonianza di un punto di vista personale ci aiuta a risolvere e capire i nostri snodi, partendo dall’impatto della narrazione stessa su di noi, attivando un processo di identificazione. Secondo Freud ciascuno di noi ha necessità di pensarsi uguale a un altro per consolidare la propria personalità.

Non si tratta solo di attingere alle vite esemplari dei celebri e famosi per sognare e invidiare le loro esperienze, ma di far risuonare le vite degli altri nella propria, per trarne insegnamento, forza, ispirazione, consolazione, consiglio. Pensiamo al libro “La guerra non ha volto di donna”, nel quale Svetlana Aleksievic ricostruisce le vicende della Seconda guerra mondiale in Russia dal punto di vista delle donne che erano arruolate nell’esercito e l’hanno combattuta. Questa narrazione ha una forza prorompente, perché attraverso le testimonianze private di donne sconosciute, con le loro quotidianità dimenticate e date per scontate, Aleksievic ha costruito una visione della Storia alternativa, ma complementare a quella eroica/istituzionale, basata su accadimenti puntuali, nomi altisonanti.

 Come lavora la biografia nella prospettiva biblioterapica?

Secondo l’approccio umanista, i libri contengono spunti e stimoli per sollecitare il processo di immedesimazione, che opportunamente guidato da un mediatore, conducono al riscatto e riflessione sulla propria prospettiva. L’immedesimazione è quella fase nella quale le immagini che abbiamo dentro di noi si attivano attraverso la parola letta, e risuonano con la nostra vita: noi proiettiamo sui personaggi il nostro vissuto e ci poniamo domande, cerchiamo di capire il perché delle loro scelte, ci mettiamo in discussione in riferimento ai nostri valori.

La biografia può fornire soluzioni attraverso la vita degli altri, a cui noi non siamo ancora approdati e alle quali non avevamo pensato. Stimola l’utilizzo del pensiero laterale. Inoltre, attiva la catarsi aristotelica, ovvero la purificazione dalle proprie passioni attraverso la rappresentazione, ponendo in qualche modo rimedio alle angosce quotidiane: di fronte a una storia di vita, scatta un’intuizione, un passaggio risolutivo che fornisce la soluzione. La testimonianza dell’umano raccontare è un simulatore di vita che può dare consolazione: si tratta di un’empatia emotiva come la definisce Adriana Cavarero.

 Perché la biblioterapia integrata?

La biblioterapia si basa sul materiale emotivo tratto dai libri. Quando però si combina ad altre discipline come le arti visive o la musica, l’intensità emotiva aumenta esponenzialmente grazie all’approccio sinestetico, che permette di raggiungere effetti positivi più velocemente di un classico percorso laboratoriale. Usare più metodi contemporaneamente riduce il tempo necessario per la catarsi. A volte la nostra razionalità impedisce alle parole di penetrare nell’emotività più profonda. Mentre il simbolico, l’immaginario hanno un’immediatezza pre-verbale che entra senza troppe sovrastrutture. Il simbolico permette di uscire dal pensiero e di andare nelle emozioni.

Per queste ragioni le arti visive e la musica incontrano la biblioterapia.

Il contributo della musica

Non è stato secondario il contributo della musica nella resa del reading, selezionata ed eseguita dal Maestro Davide Moneta attraverso la chitarra, strumento molto legato alla cultura ispanica. Non a caso i brani proposti sono del compositore Manuel Ponce ((Fresnillo, 8 dicembre 1882 – Città del Messico, 24 aprile 1948), contemporaneo di Frida Kahlo e immerso come lei nella stessa cultura rivoluzionaria e internazionale. Lo stimolo musicale ha scandito i passaggi della narrazione, sottolineandone gli snodi e contribuendo a riproporre le sensazioni dell’epoca.

 

Neve Mazzoleni, communication manager.
Neve Mazzoleni (Bergamo 1979) ha due lauree in Lettere Moderne (Storia e Critica delle Arti) e in Filosofia. Ha perfezionato la sua formazione con due master in Management of Art and Culture della Trentino School of Management e in Social Innovation, Social Business & Project Innovation di ASVI Social change.
Lavora per una multinazionale, dove per 12 anni ha ricoperto il ruolo di art manager e curatrice della collezione d’arte corporate, coordinando la comunicazione, organizzando mostre ed eventi culturali in molti Paesi Europei, sviluppando progetti multi-stakeholder. Attualmente si occupa della promozione di un ampio programma di finanza e innovazione sociale per la stessa corporation, con il ruolo di communication & stakeholder manager.
Negli anni ha maturato un profilo “ibrido”, dividendosi fra attività istituzionali e arte indipendente: suo particolare interesse sono i centri di produzione culturale, le Fondazioni, le Imprese Private che sperimentano i linguaggi del contemporaneo, con particolare attenzione alle iniziative di innovazione sociale a base culturale. Fa parte della redazione di AgCult per la rubrica “Letture lente”. Ha scritto per il Giornale delle Fondazioni, Arte&Impresa, CheFare, Artribune, Fizz, Tafter e Doppiozero.
Facebook: Neve Mazzoleni
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