Gli ultimi mesi mi hanno vista impegnata in numerosi progetti di formazione professionale, alcuni rivolti all’ambito didattico-educativo, altri rivolti ai professionisti della cura. Incarichi entusiasmanti ed impegnativi al contempo che mi hanno permesso di entrare in contatto con questi mondi sempre alla ricerca di strumenti innovativi capaci di rispondere ai nuovi disagi che coinvolgono le diverse età evolutive nelle loro specificità.
La biblioterapia è uno strumento di lavoro che utilizza il materiale letterario ponendosi precisi obiettivi a seconda venga applicata in ambito clinico, nel processo educativo o in quello formativo. Per questo necessita di una precisa formazione che vada oltre il suo presupposto – che la lettura di sia in grado di influenzare il benessere della persona – e sia in grado di valorizzare massimizzando l’interazione educativa che nasce dalla triade “materiale letterario, partecipante e facilitatore”.
La BIBLIOTERAPIA FORMATIVA è una delle modalità che assume la metodologia quando si rivolge a figure professionali che desiderano formarsi così da inserire le tecniche di strumento nella propria professionalità. In questo caso il facilitatore-formatore ha il compito di trasmettere i principi base della metodologia, fornendo strategie di lavoro e valorizzando il processo di contaminazione che è sempre prezioso.
Nel costruire una sessione dedicata a medici, infermieri, educatori mi sono imbattuta in un brano che mi è parso illuminante per comprendere ruolo e i limiti che la biblioterapia, attraverso il libro e la lettura, può rivestire nell’ambito della cura intesa nella sua più ampia accezione di attenzione alla persona.
“Se il paziente è malato, il biblioterapeuta non può far niente. Interviene soltanto per impedire che il paziente soffra per il fatto di essere malato. È quando si sta male perché si è malati che si cade in depressione. Qui il biblioterapeuta potrà fornire un senso.”
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