Da Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estés
«A volte chi sfugge alla natura si ostina a pensare all’amore come a una festa soltanto. Invece l’amore nella sua forma più piena è un susseguirsi di morti e rinascita. Muore la passione e rinasce. Il dolore viene scacciato e rispunta da un’altra parte. Amare significa abbracciare e nel contempo sopportare molte molte fini, e molti molti inizi, il tutto nella stessa relazione. Il processo è reso complesso dal fatto che la nostra cultura supercivilizzata ha difficoltà a tollerare il trasformativo. |…| energia, sentimento, intimità, solitudine, desiderio, noia, tutto sorge e tramonta in cicli relativamente ravvicinati. Il desiderio della vicinanza e delle separazioni cresce e cala. La natura non soltanto ci insegna a danzare, ma anche che la soluzione del mai-essere è sempre nel contrario, e quindi un’azione nuova è la cura per la noia, la vicinanza è la cura per la solitudine, la solitudine è la cura per la sensazione di essere bloccati. |…|»
Affidarsi alla trasformazione.
La parola trasformazione ha un connotato specifico rispetto al generico “cambiamento”: l’etimo parla di una trasformazione che è mutamento nella forma, cioè nell’aspetto esteriore – fondamentale per l’identità – ma non nella sostanza che resta immutata, o meglio può subire aggiunte, perdite o ricombinazioni, ma il suo nocciolo duro, la sua essenza, resta la stessa.
E’ il “Panta Rei” di Eraclito, del tutto scorre, del perpetuo fluire; il continuo mutamento impossibile da ingabbiare che non riguarda solo le cose, ma anche il nostro perenne evolvere in impressioni e pensieri, sentimenti e emozioni, che ci racconta di una persistenza solo apparente. Si tratta di accettare il dinamismo del divenire, di imparare a danzare con la nostra natura rispettando la regola dell’attrazione degli opposti. Si tratta di assecondare il gioco del continuo mutamento che lascia intravedere uno sfondo unitario, “una segreta unità del tutto“, la nostra essenza appunto, che resta forte nella sua stabilità.
L’archetipo della trasformazione è il Mago, colui il quale è in grado di trasformare sè stesso e il mondo esteriore per mezzo dell’Alchimia; nella accezione positiva è un individuo che affronta i propri demoni interiori e li sconfigge, muore metafisicamente a sè stesso per rinascere più evoluto.
Essere trasformativi e essere resilienti appartiene alla dimensione umana più profonda, ma, se nella resilienza conta essere “solidi”, nella trasformazione – per dirla con il filosofo Taleb – conta essere anti-fragili, ossia capaci di ricevere gli urti e diventare più forti grazie a quegli urti in un processo di continuo adattamento e trasformazione.
Lascia un commento